Sangue del mio sangue, ovvero dei giorni bui che tutti, o quasi, dimenticano
Di quel periodo ricordo il silenzio assordante nel giorno dei funerali. In piazza a Diamante Pino Nano, in diretta per la Rai, cercava di carpire i sentimenti della popolazione di fronte ad un fatto troppo più grande di tutti per poter essere interpretato e metabolizzato.
Perché certe cose non le metabolizzi neanche in una vita intera.
Di quella giornata ricordo Alessia, qualche anno più piccola di me, amica di scuola di Fabiana che non c’era più.
Ricordo che trovò il coraggio di dire qualcosa.
Lei, così giovane, colpita come tanti, come tutti, dalla notizia di una violenza domestica inaspettata, incomprensibile, inaccettabile.
Poi molti, la maggior parte, passato il clamore dell’immediato, hanno relegato al cassetto dei ricordi i fatti di quei giorni. Perché è vero che certe vicende toccano tutti ma quando non sei direttamente coinvolto la vita torna a scorrere normalmente.
Non è così per chi a certe tragedie deve sopravvivere e provare a superarle tra difficoltà che neanche riesce a comprendere, molte neanche a riconoscerle.
Tra questa persone c’era Fabrizia. Tra queste persone c’era Fabrizia e io non lo sapevo. L’avrei conosciuta parecchi anni dopo. Collega intraprendente, volitiva e determinata.
In questo caso persona, prima che giornalista, coraggiosa perché ha deciso di riportare alla luce non tanto o non solo il fatto di cronaca, ma, da quello che leggo nella prefazione e da qualche messaggio che ci siamo scambiati, tutta la versione psicologica della vicenda per chi quella storia di sangue l’ha vissuta più o meno direttamente.
“Sono sicuro che il libro avrà un grande successo e che ti vedremo meritatamente in tutte le tv nazionali – le ho scritto qualche giorno fa su facebook – Hai avuto un gran bel coraggio a raccontare questa storia. Più che altro a immergerti in quel ricordo e in quel dolore con la lucidità e il distacco professionale difficilissimi da trovare da parte di chi comunque è coinvolto direttamente”.
Non ho osato dire altro perché di fronte a queste storie e a scelte come quella di Fabrizia serve un rispetto enorme, gigantesco. Tutti potremo leggere quel libro e credo che grazie alla sensibilità di Fabrizia saremo guidati anche a capire davvero, nel profondo, cosa si prova a vivere da vicino certe situazioni.
Un privilegio per imparare lezioni di vita senza aver patito direttamente tutto quel dolore di cui dovremo essere grati a Fabrizia e ai protagonisti di questa tragica storia a partire da Alessandra e Marco che per il solo motivo di essere stati costretti ad affrontare quello che noi possiamo solo immaginare, meriterebbero che la vita e il mondo restituissero loro, sotto forma di opportunità, di poter esprimere al meglio il loro essere.
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Ricordo quel lontano 2000 quelle lacrime strazianti che tu come sempre descrivi in tutti i particolari. bravo