Un esordio da favola
Avevo lasciato questo articolo in naftalina in attesa di qualche occasione calcisticamente buona ma per ingraziarmi un po’ gli dei del calcio in questo finale di stagione, ho pensato che fosse il caso di pubblicare questa vecchia nota. Un racconto di un’esperienza che ho potuto solo immaginare ma che è stata vissuta di riflesso perché tra le tante cose che mio padre mi ha trasferito, tra le più frivole c’è sicuramente la passione per il calcio e per i colori rossoneri del Milan. Quando, orami più di qualche anno fa, ha avuto la possibilità di andare a San Siro – io c’ero stato qualche anno prima insieme a mio fratello (Milan-Celtic 1-0 Kakà) – ho immaginato a come sia stata quella prima volta che, fortunatamente, coincise con una vittoria tutt’altro che scontata contro il Barcellona. Che sia di buon auspicio per tornare a sentire la musichetta della Champions e magari, dopo questa pandemia, tornare alla Scala del calcio, tre generazioni di tifosi rossoneri, perché chiaramente anche i nipoti sono stati inevitabilmente contagiati.
Si dice spesso che il calcio è la metafora della vita. Uno sport bellissimo come una bellissima avventura è questo nostro passaggio sulla terra. E nella vita non è raro perdere, cadere, uscire sconfitti da relazioni, situazioni, restare delusi da persone ed eventi o piangere per una perdita. L’importante è andare avanti.
Ora questa premessa per parlare di una partita di calcio è forse eccessivamente filosofica e anche stucchevole, diranno i più colti, ma quella di ieri non era una partita normale.
Era la prima volta, infatti, che un omino tra 80mila sentiva il profumo dell’erba bagnata della scala del calcio, entrava nel clamore della bolgia degli anelli colorati dello stadio Meazza e veniva avvolto dalla favolosa musichetta della Champions.
Dopo tante battaglie vissute con passione davanti ad un televisore era arrivato a 64 anni il momento dell’esordio.
La vita ti dà sempre una prima volta, una nuova opportunità.
Sovvertire i pronostici è quello che di fatto facciamo ogni giorno. In ogni momento della nostra giornata ci troviamo di fronte ad ostacoli da superare, spesso tra la diffidenza degli altri e allora tocca sfoderare tutte le armi di cui si dispone prime fra tutte l’umiltà.
Virtù antica, deprecata, vista come una debolezza e che invece rappresenta il presupposto per mettersi in discussione, per affrontare con consapevolezza i propri limiti.
Milan-Barcellona era la partita giusta per l’esordio di quell’omino di 64 anni. Era un po’ la metafora della sua vita. Ostacoli grandi, apparentemente troppo, ma sempre affrontati con la voglia di mettercela tutta. Di metterci tutta la decisa passione, la forza paziente, la caparbietà instancabile.
Era la partita della vita e non si poteva sbagliare. E non sarebbe stata sbagliata comunque.
Ieri non ho tifato perché la mia squadra del cuore vincesse. Ho sperato che ciò avvenisse per scrivere il lieto fine – o il lieto inizio – di una storia. E anche il dio del calcio è stato evidentemente d’accordo.
Al ritorno può succedere di tutto, questo è il bello del calcio, ma un esordio così, che tu abbia 17 anni o 64, resterà un ricordo indimenticabile.
21 febbraio 2013
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