Sirino in transumanza: il viaggio di chi mette radici
Quello del viaggio è un tema classico della narrativa mondiale. Il viaggio come passaggio di stato, come trasformazione, come ricerca di sé stessi. Una metafora dell’evoluzione personale e della società su cui incidono le scelte che vengono effettuate e le persone che si incontrano.
Il mio viaggio verso la prima edizione di Sirino in Transumanza parte diversi anni fa. Con un incontro.
A Lagonegro mi trovo di fronte a Fabio Falabella, un ragazzo appassionato, spigliato, sveglio ma allo stesso tempo umile, educato, un altro emigrato di ritorno, che cocciutamente insegue il sogno di diventare giornalista.
Non è proprio di primissimo pelo, mi perdonerà, ma questo è ancora più affascinante se vogliamo perché da giovani è più facile, quasi naturale abbandonarsi ai sogni mentre crescendo si inizia a diventare concreti, pragmatici e spesso terribilmente tristi.
Fabio triste non l’ho visto mai seppure condivide con me, ogni volta che ci vediamo, le difficoltà e le delusioni di una professione svilita proprio da chi fa parte del circo: editori in primis e colleghi a seguire.
Ci siamo capiti da subito, è nata stima reciproca e quando abbiamo potuto siamo riusciti a collaborare proprio come richiederebbe l’etica professionale.
Pochi giorni fa, in qualità di addetto stampa, mi ha invitato alla prima edizione del premio Sirino in Transumanza. Non ci ho pensato su due volte e ho spostato tutti gli impegni che avevo e annullato quelli che non potevo spostare perché ero certo che avrei partecipato a qualcosa di interessante, dove avrei incontrato persone interessanti.
TRANSUMANZA PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITA’
L’antica pratica della migrazione stagionale delle greggi già cara alla letteratura – “Settembre, andiamo. È tempo di migrare” scriveva D’Annunzio – è stata eletta a patrimonio dell’Unesco l’11 dicembre del 2019 a Bogotà perché, si legge nella motivazione “rispettosa del benessere animale e dei ritmi delle stagioni, è un esempio straordinario di approccio sostenibile per affrontare le sfide poste dalla rapida urbanizzazione e dalla globalizzazione e ha contribuito in modo significativo a modellare il paesaggio naturalistico”.
Un riconoscimento che conferma la ricchezza presente nell’identità locale e la capacità attrattiva che risiede nella conoscenza delle proprie origini culturali se sapute raccontare.
Già, il racconto. “E’ necessario studiare ciò che si vuole conservare – si legge nella presentazione del progetto Sirino in transumanza – Educare al rispetto delle aree protette e all’uso consapevole delle risorse naturali e agricole, diventa l’occasione per la loro fruizione turistica, in un contesto ricreativo che, attivando il turismo, genera lo sviluppo economico”.
Un processo che quindi deve vedere impegnati diversi attori: politica, scuola, operatori del settore, associazioni di categoria.
Il merito di intavolare un dialogo, intrecciare le trame di una rete virtuosa attraverso una visione diventata progetto grazie ad un grande lavoro di squadra è dello chef Luigi Diotaiuti.
BASILICATA WAY OF LIVING
Se cercate in giro sul web troverete tutto quello che volete sapere su Luigi Diotaiuti. Chef, ristoratore, sommelier che come molti ha conosciuto una sola strada, quella che dalla periferia del mondo portava al mondo delle possibilità.
La sua fama Luigi se l’è costruita oltre oceano, negli Stati Uniti, a Washington, ma la sua mente e soprattutto il suo cuore sono sempre stati proiettati verso la sua regione.
La Basilicata se l’è portata dietro, non come un fardello ma come uno scrigno, presentandola nei suoi menù tanto da diventare ambasciatore della cucina lucana nel mondo ed oggi il suo successo è probabilmente anche figlio di quella scelta dolorosa che non è mai tale al cento per cento, ovvero quella di emigrare.
Lo confessa quando durante il convegno dice: “Non ci dobbiamo preoccupare di chi viene in Italia – riferendosi ai fenomeni migratori che tanto dividono l’opinione pubblica – ma di chi emigra”. E come dargli torto. Il capitale umano che non trova sbocchi e soddisfazioni nel bel Paese salvo poi eccellere in altre realtà è una vera piaga.
Ecco che con Basilicata way of living Luigi ha lanciato un vero e proprio movimento che unisce la filosofia dei bei discorsi alla concretezza delle iniziative.
Partire deve diventare una scelta non deve essere una necessità e mentre i giovani decidono, le istituzioni, in Basilicata come in altre realtà regionali, devono creare le condizioni per riconoscere prima, apprezzare poi e soprattutto valorizzare i talenti che si formano e partono offrendo loro la consapevolezza di trovare un terreno fertile qualora decidano di tornare.
Con l’esperienza della sua transumanza e le attività dell’associazione Luigi vuole dare a chiunque operi nel settore della ristorazione la possibilità di acquistare un biglietto che non sia di sola andata.
MATERA 2019: FRUTTI MATURI DA RACCOGLIERE
La sua regione negli ultimi cinque anni ha avuto una risonanza internazionale grazie alla candidatura prima e alla proclamazione nel 2014 di Matera a capitale europea della cultura.
Oltre 3 miliardi di persone sono state raggiunte da più di 40mila ritagli mediatici solo tra gennaio e novembre dell’anno appena trascorso. “Numeri che ci dicono che abbiamo ancora da raccogliere quanto seminato”, ha spiegato Salvatore Adduce già sindaco della città dei sassi e presidente della fondazione Matera 2019, perché tutta la Basilicata è diventata desiderabile da un punto di vista turistico a patto di farsi trovare pronti.
Adesso e per i prossimi anni la capacità della comunità lucana deve essere quella di far percepire un’identità forte tramite la quale far conoscere e far vivere il territorio.
IL RUOLO DELLA SCUOLA NEL FUTURO
E in questo senso il mondo della scuola ha l’onore e l’onere di formare gli ambasciatori dell’identità regionale.
Una scuola che deve andare oltre l’essere istituto e funzionare da comunità educante aprendosi alle relazioni con le famiglie e con tutti i soggetti che operano sul territorio, dalle associazioni alle aziende, favorendo le dinamiche di rete.
“Parla del tuo villaggio e parlerai del mondo” ha chiosato nel suo intervento Nicola Pingitore, dirigente dell’istituto Ruggiero di Lauria invitando i ragazzi ad essere partecipi di un processo piuttosto che utenti passivi delle attività didattiche.
“Vivere la formazione come un processo in divenire – gli ha fatto eco Carmela Cafasso, dirigente dell’istituto Giovanni Paolo II di Maratea – perché il mondo del lavoro non cerca competenza ma persone che abbiano la competenza di abituarsi ad apprendere competenze sempre nuove”.
Un nomadismo culturale positivo, che arricchisce e tramite l’identità culturale possa aiutare a combattere lo spopolamento invitando chi parte a non fuggire ma, come un albero, tendere al cielo i suoi rami tenendo ben salde le radici nel territorio d’origine.
LA SFIDA DELLA TAVOLA
L’epilogo gustoso della prima edizione del Premio Sirino in transumanza è stata la cena-spettacolo.
La kermesse che sarà replicata nei prossimi cinque anni e continuerà a chiamare alla competizione positiva le scuole alberghiere di Potenza, Matera, Pisticci-Marconia, Melfi, e Maratea che hanno preparato i piatti della degustazione.
Dispiace potervi offrire soltanto la possibilità di soddisfare la vista perché il palato ha potuto godere di tutte le sfumature. Profumi e sapori degli ingredienti sapientemente amalgamati e dei vini abbinati con cura e pertinenza.
E a tal proposito mi permetto di ringraziare la collega della Gazzetta del Mezzogiorno Antonella Millarte con la quale ho trascorso la cena insieme agli altri colleghi presenti, per averci aiutato a comprendere le caratteristiche dei vini e le scelte effettuate.
Per dovere di cronaca la gara è stata vinta dagli studenti e dalle studentesse della scuola alberghiera di Maratea con le “Delizie di pistacchio”, giudicato piatto più buono, ecosostenibile, ben presentato ed offerto con miglior servizio dagli allievi.
Agli studenti il presidente della Federazione italiana cuochi della Basilicata Rocco Pozzullo ha consegnato la borsa di studio del valore di 200 euro che saranno utilizzati per scopi didattici e formativi.
Un gesto simbolico che però dice a questi ragazzi che c’è tutto un movimento che guarda alla loro crescita con attenzione.
Molto probabilmente, con questa consapevolezza, crescerà in questi giovani professionisti del futuro la fiducia che potranno decidere dove costruire il proprio avvenire. E in tempi di emigrazione culturale e lavorativa non mi pare affatto un risultato di poco conto.