Umanisti e computer per una società davvero intelligente
Avete presente quando navigando su internet vi imbattete in quelle pagine con un’immagine al centro dove vi si chiede di selezionare i quadratini raffiguranti dei gradini?
Ecco, in quel preciso momento, senza saperlo, senza essere degli esperti informatici o dei cervelloni visionari, state aiutando lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Affascinante questo coinvolgimento dal basso, seppur ancora poco consapevole, nell’educare le macchine a ragionare come gli uomini.
Ma attenzione a prendere ogni frase che leggerete con le pinze. Uno perché su una scala di conoscenza dell’argomento mi siedo serenamente sul primo gradino come un bambino che aspetta che il nonno gli racconti una bella storia. E due perché le implicazioni sociali dell’evoluzione dell’AI sono tante e tali da imporre agli addetti ai lavori di essere molto cauti, figurarsi con quale delicatezza tocca a noi affrontare il tema.
Ben consapevole di queste premesse, il neo rettore dell’Unical, Nicola Leone, nella sua Diamante, ha calibrato la sua lectio al livello basic.
E la platea ha umilmente apprezzato. Pensate come sarebbe stato complicato e anche poco utile se lo scarto tra la complessità del messaggio e la capacità media di comprensione della platea fosse stato molto importante.
Eppure, come poi quasi sempre accade nella vita, la semplicità si è rivelata un’arma potentissima quantomeno perché annullando le differenze ha ampliato lo spettro della curiosità e le relative domande che sono scaturire.
Si passa così da convinzioni limitanti del tipo “le macchine ruberanno il lavoro agli uomini” a domande più calzanti: “come cambierà il mondo del lavoro con lo sviluppo dell’AI?”
Perché il punto non è se l’AI impatterà nel mondo del lavoro (tra l’altro lo sta già facendo) ma quando quest’impatto sarà evidente ed inevitabile e soprattutto come ci si può preparare per trasformare il timore per questo fenomeno in un’opportunità enorme.
Intanto le macchine sostituiranno l’uomo nei lavori più umili, faticosi e, aggiungerei, alienanti. Insomma le macchine sostituiranno gli uomini che finora avevano lavorato al posto delle macchine e questo mi pare un bene.
E poi dietro le macchine e dietro tutto l’universo dell’AI ci sarà sempre l’uomo con i suoi valori e la sua etica e anche l’orgoglio del creatore che senza dubbio si emoziona quando un pc batte il campione del mondo di scacchi ma che allo stesso tempo comprende la necessità di evitare che il potenziale delle proprie creature gli sfugga di mano.
E, aperta parentesi, in un settore percepito come governato esclusivamente da numeri, saranno utili anche gli umanisti perché magari le macchine non proveranno emozioni o sentimenti, ma nel programmarle ci vorrà tanto cuore oltre che i freddi calcoli.
Per cui non abbiate paura di cedere i vostri dati, tanto lo fate più spesso di quanto vi sembra, e abbiate fiducia nelle persone, negli studiosi, negli scienziati che lavorano allo sviluppo dell’AI.
Un domani un tecno-dittatore sarebbe messo alla gogna, prima che da un programma, dai suoi stessi colleghi.