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Vantativinne. Tutti.

Sta facendo il giro della Calabria e non solo. Ed evidentemente c’è più di un motivo. Vantativinne non è soltanto un libro, una raccolta di racconti. Può essere considerato un saggio sulla resilienza, un manifesto sulla voglia di fare nonostante tutto, un manuale contro gli stereotipi verso il sud e le persone del sud, un talismano contro i pregiudizi. Che poi a pensarci bene per non mollare mai, per costruire qualcosa a qualsiasi latitudine, per ignorare gli stereotipi e abbattere i pregiudizi non servono saggi, manifesti, manuali e talismani.

Franco Laratta lo sa bene perché prima di fare il politico ha, come si dice in gergo, battuto la strada facendo il giornalista e sarebbe superfluo e stucchevole passare ai raggi x il suo curriculum. Per chi è curioso trova in rete più di qualcosa da leggere. Il suo passato da cronista viene fuori prepotentemente in questo lavoro e lo fa nella maniera giusta, in perfetta sintonia con il motivo che ha ispirato questo sito e che sta venendo fuori pagina dopo pagina: far emergere tutto quello che può essere contrassegnato con il segno più.

Devo farvi una confessione a questo punto. La ritengo doverosa. Non ho letto ancora il libro di cui vi sto parlando. Me lo sto somministrando a piccole dosi, centellinandolo come un vino d’annata perché al di là dello stile narrativo è il succo che c’è dentro che voglio assaporare quotidianamente per alimentare quella convinzione radicata nel profondo che quando c’è la volontà ogni ostacolo diventa strada.

E poi l’essenza di questo volume, la filosofia che c’è dietro si capisce bene fin da titolo. Vantativinne, vantatevene. Un imperativo bonario indirizzato sia ai protagonisti delle storie che vengono raccontate, sia a chi leggerà il libro, soprattutto ai calabresi. Perché una cosa che Franco suggerisce con la sua eleganza, che mai si impone ma scivola tra le righe, è che le esperienze di vita raccolte nel libro sono patrimonio di tutti i calabresi. Una sorta di marchio di fabbrica, di tratto genetico di cui però molti, troppi, si dimenticano finendo per appiattirsi nella “lamentosi”, nella psicosi di essere presi di mira da chissacchì, nella nevrosi che tanto qualsiasi cosa fai qui non cambierà mai niente, e, nei casi più gravi, nella apatia più totale che incatena sogni e ambizioni ad un mucchio di scuse dove si areno i sogni.

Pur non avendo letto il libro di Franco ho voluto che venisse a presentarlo a Scalea. Gli ho scritto appena ho visto il primo post dal quale già si intuiva cosa stava partorendo. E dopo un doveroso corteggiamento che si è protratto solo perché il libro ha avuto un grande successo con richieste di presentazioni che arrivavano e ancora arrivano da tutta la regione, lo abbiamo portato a Scalea.

Proprio le richieste di presentare il libro in ogni dove sono la testimonianza non solo della qualità del prodotto editoriale ma dell’idea che c’è dietro e anche, evidentemente, della popolarità di cui Franco può meritatamente godere perché è indirizzata alla persona non al politico.

Io l’ho conosciuto di persona un po’ di anni fa, credo fosse il 2012 o il 2013 al più tardi. Lui era da poco rimasto fuori dalla politica delle poltrone dopo aver fatto il parlamentare, il consigliere regionale e l’assessore provinciale ma aveva sempre la penna calda e sui social, come ancora oggi, era particolarmente attivo, sempre con il suo fare garbato seppur accorto e teso a stimolare riflessioni costruttive. Lo invitai in tv per una chiacchierata e lui accettò. Non ricordo che mese fosse, ma ricordo che faceva freddo, e lui partì da San Giovanni in Fiore appositamente per venire a Praia a fare questa intervista. Non era candidato, non aveva intenzione di candidarsi eppure si accollò un paio d’ore di macchina nonostante l’incognita meteo. Tanto bastò per farmi capire che tipo di persona avevo di fronte.

Tornando al libro, nonostante non lo abbia ancora letto, credo che Franco vi abbia racchiuso qualcosa in cui credo molto profondamente e cioè che qualsiasi cosa nella vita non è questione di poterla fare ma di volerla fare.

Con le esperienze che racconta Franco Laratta ha declinato il concetto di speranza in una maniera nuova, perché noi tutti siamo abituati a pensare alla speranza come qualcosa di astratto, come l’effetto di una preghiera che debba portarci qualcosa come calato dall’alto. Invece la speranza, a mio modo di vedere, è un sentimento positivo, un catalizzatore di energie, un motore da accendere al quale, però, deve far seguito un’azione decisa, concreta, ostinata perché qualcosa accada.

Vantativinne parla di storie vere, dove i protagonisti hanno fatto seguire alle idee e alle visioni, le azioni concrete affinché quei sogni si avverassero, investendo tempo, studio, risorse economiche e dimostrando che chi vuole veramente raggiungere un obiettivo può farlo a qualsiasi latitudine.

Ed è per questo motivo che con il suo libro Franco Laratta ci riconsegna l’immagine di una Calabria diversa, lontanissima dagli stereotipi ai quali purtroppo ci siamo assuefatti.

E’ questo secondo me il grande valore di Vantativinne: raccontare storie non di riscatto perché non c’è nulla da cui riscattarsi, ma storie di sacrificio nella sua accezione etimologica del termine “sacrum facere” fare qualcosa di sacro, costruire con il sudore, e allo stesso tempo con il sorriso, qualcosa di bello.

La Calabria che resiste, recita il sottotitolo del libro. Io direi la Calabria che esiste, la Calabria che prima di tutto è consapevole del suo potenziale e proprio per questo non lo lascia appassire, anzi, tramite i suoi talenti, lo esprime.

E’ questo che dobbiamo condividere: l’idea che se qualcuno prima di noi ha fatto qualcosa di grande e di importante, tutti possono seguire quelle orme. Basta avere l’umiltà di riconoscere i meriti altrui e l’intelligenza di solcare tracce già segnate. In alternativa, semmai, solcarne di nuove anche se questo significa partire in salita che è sicuramente meglio che restare fermi a piangersi addosso.