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Di guerra, amicizia e politiche turistiche

TROPPO CALDO, SI VA IN MONTAGNA

L’avevamo deciso l’anno scorso, mia moglie ed io, che quest’estate avremmo passato le vacanze in montagna.

Il 26 luglio nasceva Irene e per tutto agosto saremmo rimasti praticamente chiusi in casa con le paure da neo genitori.

Troppo caldo di giorno, troppa confusione di sera e abitando al centro in una strada dove ne confluiscono altre due, il traffico e il rumore erano insopportabili.

Da qui la decisione che il periodo centrale dell’estate successiva, quello del caos ingestibile dal 10 al 24 agosto, avremmo chiuso casa e preferito la fresca montagna alle spiagge affollate e assolate.

E quando pensi alla montagna, con tutto il rispetto per la Sila che visiteremo presto anche nell’ottica della vacanza estiva, il non plus ultra è senza dubbio Trentino.

LA COMPAGNIA È METÀ DEL VIAGGIO

Avevamo pensato ad agosto per i motivi sopra esposti ma poi è arrivata una “convocazione”.

Si, più che un invito è stata una vera e propria convocazione perché quando ti chiamano due amici di vecchia data – e quando dico di vecchia data parlo di almeno trent’anni di frequentazione, per molti dei quali quotidiana – è come una chiamata alle armi.

Certo rispetto a qualche anno fa le cose sono un po’ cambiate. Da giovani spensierati studenti di liceo prima e di università poi siamo passati a matrimoni, carriere e figli.

E ovviamente sono cambiate anche le esigenze quotidiane non solo della vita di tutti i giorni ma anche in vacanza dove diventa vitale, se deve essere vacanza anche per mamma e papà, essere accolti in una struttura family friendly.

L’hotel la Baita a Folgaria è stata, in tal senso, una scelta azzeccatissima. Sala giochi e animazione per bambini, piscina e spa per gli adulti ma soprattutto una predisposizione naturale all’accoglienza.

L’IDENTITÀ TERRITORIALE È TURISMO

È il turismo bellezza e turismo significa prima di tutto servizi e il primo servizio e l’accoglienza, far sentire l’ospite desiderato e aiutarlo a vivere la vacanza per quelli che sono i suoi desideri.

Presupposto indispensabile per fare turismo è l’identità territoriale. Conoscere il territorio per promuoverne la storia e i punti di attrazione.

In una settimana abbiamo goduto delle passeggiate in montagna con visite a piccole fattorie con degustazioni di formaggi, di spazi verdi attrezzati con giochi per bambini curati e rispettati, di visite guidate a siti storici, come il forte Belvedere, residuo della prima guerra mondiale trasformato in museo multimediale della Grande Guerra e forte Sommo Alto, rudere di un altro forte lasciato allo stato naturale, dentro al quale si intuisce come vivevano i combattenti della prima guerra mondiale.

“Chi erano i buoni?” chiedono innocentemente Francesco e Gabriele, bambini di sei anni. E noi grandi a provare a spiegare l’assurdità della guerra mentre Irene, tra pochi giorni un anno, si scambi sorrisi e bacini con Matteo e Andrea, diciotto mesi il primo e due anni il secondo.

Posti semplici con gente semplice evidentemente attaccata ai luoghi e alla loro storia.

Lo capisci quando incontri in un bar un cartello che ti spiega che lì si vendono solo birre trentine, o quando da un rifugio ad un altro trovi lo stesso menù, o dall’acqua che ti servono a tavola, trentina anche quella e con un’idea solidale di fondo.

Lo capisci quando le attrazioni nei parchi avventura sono il trekking o i percorsi tra gli alberi con attrezzature da climbing: ganci, moschettoni, carrucole.

PERCHÉ NOI NO?

E mentre ci immergevamo in questa “avventura”, come la definivano i bambini, ci chiedevamo perché noi no.

Perché, ad esempio, in una zona di mare è raro trovare nei lidi delle scuole di nuoto o di canottaggio.

Perché nei ristoranti o nei pub sono rari i casi di “protezionismo commerciale”.

Perché non si punta con decisione ad un turismo familiare considerando che i bambini di oggi sono molto esigenti e i genitori, soprattutto in vacanza, sono disposti a pagare qualcuno che li tenga impegnati magari offrendo loro esperienze particolari all’aria aperta.

Ci siamo chiesti quanto sia difficile in un luogo in cui si fa turismo tutto l’anno far funzionare i servizi e ci siamo risposti che molto probabilmente la rigidità culturale che oggi può rappresentare un limite (se chiedi di modificare un piatto al ristorante vanno in tilt) sia stato il punto di forza trent’anni fa per una selezione naturale della tipologia di turista da attirare che accetta le regole semplicemente perché concepisce che è giusto così.

Ci siamo risposti che in un posto pulito, con isolette ecologiche od ogni angolo di strada, con posaceneri pubblici discreti ma capillarmente diffusi e tante piccole accortezze, il turista viene aiutato ad aiutare la popolazione a tenere le città pulite.

I dettagli. In una vacanza come questa, in posti come questi, ti accorgi dei dettagli. E i dettagli li puoi curare quando sei organizzato. E sei organizzato se conosci il territorio e se ti fai le domande giuste. Non cosa vuole un turista che viene qui, bensì cosa abbiamo da offrirgli e come possiamo farglielo desiderare piuttosto che semplicemente venderglielo.

Perché non è vero che il cliente ha sempre ragione. Non è vero che ogni desiderio deve essere esaudito. È compito di chi lavora nell’industria del turismo saper comunicare il suo territorio.

Per semplificare, se vi chiedono la polenta al mare, anche se vi verrebbe da mandarli a quel paese, imparate a proporre gentilmente in alternativa un piatto tipico del vostro territorio.

INVESTIRE TEMPO PER L’OFFERTA TURISTICA E NON SOLO

Se vi chiedono cosa c’è da visitare in zona non limitatevi a mostrarlo sulla cartina, investite due minuti per far innamorare il turista di quella esperienza che ancora non ha fatto, ma sappiate che per fare ciò, tocca che siate prima voi operatori turistici a vivere le esperienze che andrete a proporre perché nulla coinvolge di più di una condivisione consapevole.

In questa settimana, vivendo questa vacanza, ho pensato anche ad alcune idee nate sul nostro territorio che vanno in questa direzione: il parco avventura ad Orsomarso, le passeggiate del Gruppo Avventura di Fabiano Accurso, i vari gruppi di rafting e, proprio mentre ero a Folgaria mi è arrivata la locandina delle passeggiate estive ad Aieta.

Realtà che vanno messe in rete, conosciute e promosse dagli attori turistici in primis ma anche dai cittadini.

Va potenziata adeguatamente la conoscenza, la consapevolezza e la capacità di raccontare il patrimonio archeologico, i percorsi del mare e quelli delle tradizioni e per fare questo ci vuole tempo e anche se sembra che non ne abbiamo più l’unica cosa che possiamo fare è investire tempo.

Per fare turismo non basta investire risorse economiche. Bisogna investire tempo. Tempo verso la conoscenza del territorio e tempo verso il cliente.

Noi abbiamo vissuto questo. Un tempo condiviso con una comunità che si presenta già nei cartelli di benvenuto come “magnifica comunità di Folgaria”.

E non si tratta di spavalderia ma di consapevolezza. Un percorso costruito negli anni, un rapporto vero col territorio che può essere riproposto al visitatore e che come tutti i rapporti ha bisogno di tempo e di attenzioni per durare. Come l’amicizia.

Un percorso di vita nel quale ritrovi al tuo fianco persone che prima ti capitano ma che poi scegli per passare insieme del tempo di qualità al di là degli anni che passano, dei figli che crescono e delle strade intraprese.